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Intervista a Jany Temime, la costumista dei film della saga

4 Luglio 2018 gugl-como 10 min read

Intervista a Jany Temime, la costumista dei film della saga

4 Luglio 2018 Butterbeer 10 min read

Il 30 giugno scorso il nostro admin Butterbeer ha avuto la fortuna (e il privilegio) di poter intervistare Jany Temime, costumista dei film di Harry Potter, dal terzo all’ultimo.

Lo stesso giorno, alla Fabbrica del Vapore di Milano, luogo dove si è svolta la mostra Harry Potter: The Exhibition, era prevista una gara per decretare il miglior costume ispirato alla saga che vari partecipanti avevano creato e Jany Temime è stata la giudice d’eccezione di questo concorso. Ne avevamo già parlato qui.

L’intervista

Seduti intorno a un tavolo, insieme ad altre cinque persone, ecco di cosa abbiamo chiacchierato per circa mezz’ora con Jany Temime.

Come si trova in Italia?

Molto bene, ero già qua in Italia, ma a Roma, per un altro film, per cui sono venuta qui per vedere la mostra. È davvero un’ottima esposizione, l’avevo già vista ai Warner Studios a Londra, e anche a Orlando e ci sono altri costumi. Lo spazio espositivo è molto bello, e anche la mostra è ben curata, l’ho vista questa mattina e sono stata soddisfatta di vedere che i costumi erano in buone mani.

Come si sente nel rivedere il suo lavoro?

È buffo, sai, perché non ho alcun tipo di nostalgia. Sono fiera di quello che ho fatto, e sono davvero felice nel vedere che alle persone piace ancora dopo tutti questi anni. Perché mentre alcuni prodotti artistici non invecchiano molto bene, sorprendentemente invece Harry Potter non passa di moda, è ancora presente, c’è ancora quel meraviglioso mondo che abbiamo creato, e questa è la cosa che mi piace di più.

Sa che probabilmente, senza saperlo, potrebbe aver creato una specie di moda con lo stile dei vestiti dei film?

Quando ho iniziato a lavorarci non volevo creare qualcosa alla moda, ma qualcosa di accessibile per i giovani e ho pensato che l’unico modo per renderlo tale fosse usare vestiti normali, magari leggermente riadattati per renderli più simile allo stile dei maghi.

Ho pensato che fosse molto importante usare forme, tessuti ed elementi classici come i jeans, perché sono qualcosa in cui chiunque ci si può ritrovare, o anche le felpe col cappuccio, e magliette normali, ma rendendole sempre un po’ “magiche”. E proprio per questo credo che Harry Potter non invecchia mai, perché ho scelto cose molto basic.

felpe harry hermione ron

Come sono stati scelti i colori?

Ho usato quanti più colori possibili, per le uniformi avevamo i colori delle case. Quando invece i ragazzi non dovevano indossare le uniformi scolastiche, ho scelto colori che fossero più cupi e scuri, visto l’evoluzione della storia.

Ma non per tutti ho scelto colori di questo tipo. Per Hermione ad esempio ho preferito il rosa. Uso i colori non perché sono belli da vedere, ma per l’impatto che hanno. È così che scelgo i colori da usare nei film ed è quello che ho fatto proprio con Hermione. Lei è la migliore della classe, una femminista, e anche se non ha atteggiamenti molto femminili per lei ho scelto apposta il rosa, come se non volesse indossarlo.

Per Ginny ho scelto tonalità più sull’arancione e marrone, colori che indossano tutti, che sembrano un po’ hippie. Poi a un certo punto della saga mi sono preoccupata, perché tutto questo stile di vestire hippie è tornato alla ribalta, per cui i Weasley non sembravano più così datati, anzi erano molto alla moda.

Mi ricordo che una volta mi chiesero, riguardo a un maglione a righe che indossava Ron nel terzo film, se fosse firmato Dolce&Gabbana e ho pensato: “Oh wow devo stare attenta ai vestiti che scelgo perché rischio di rovinare l’effetto voluto!”.

hermione felpa rosa

C’è un tessuto o una tecnica che preferisce?

Per i film abbiamo tinto moltissimi abiti. Per l’ovvia ragione che dovevamo fare tantissimi costumi, per gli attori, gli stuntman e le comparse.

In più molti attori, che erano bambini, non potevano essere ripresi a lungo durante il giorno, per cui venivano sostituiti e dato che erano completamente vestiti, si capisce bene l’enorme quantità di costumi che abbiamo dovuto realizzare.

Per cui è stato molto più facile comprare tessuti neutri e colorarli tutti. Se si vogliono realizzare a mano i vestiti bisogna ordinare una gran quantità di materiale e serve molto tempo, mentre noi dovevamo lavorare velocemente. Di solito uso molto i tessuti naturali, perché credo siano molto buoni, per cui uso molta seta per esempio.

J.K. Rowling ha partecipato alla creazione degli abiti?

No, perché era spesso impegnata a scrivere i libri successivi. È venuta qualche volta sul set, ma girava soltanto per vedere i lavori.

È partita dalle descrizioni dei libri per disegnare e realizzare i costumi?

No. Anzi, non è completamente vero. Le descrizioni del libro mi hanno aiutata a capire il personaggio, ma come venivano descritti nei libri non era il mondo moderno dove li vedevo io. J.K. Rowling ha descritto il tutto in un modo un po’ troppo fatato, in stile “Canto di Natale” e dovevano essere più moderni.

Ha però rispettato la mia scelta e le è piaciuto il mio lavoro a tal punto che poi continuavo a ricevere lettere di complimenti da parte sua. Ma il modo in cui ha descritto i personaggi mi ha aiutata molto a capire come voleva che fossero rappresentati.

Per esempio lei dice che la Umbridge veste di rosa, ma senza dire altro. Così io ho scelto le varie tonalità e ho anche deciso di renderla più moderna. Un’altra sua idea era che ogni casa avesse un suo colore specifico e noi poi abbiamo adattato questa particolarità in quello che volevamo fare.

Parlando della Umbridge, come è cambiata durante i film?

Personalmente la amo. È stato un anno di pieno di emozioni quello. Per prima cosa perché l’attrice, Imelda Staunton, è incredibile, molto brava, e in verità piuttosto magra. Ricordo che la prima cosa che mi ha detto è stata: “Voglio avere un sedere non indifferente, e voglio camminare un po’ come Paperina”.

Così abbiamo iniziato a lavorare e le abbiamo dato questo vestito e questo grosso didietro in aggiunta, e quando l’abbiamo finito è diventato quello che tutti abbiamo visto nei film. Poi abbiamo pensato al cappello che doveva indossare, avevo varie idee, alcune ispirate alla Regina d’Inghilterra.

E poi c’era il gatto, fatto di angora. È stato molto difficile da realizzare perché la lana d’angora è vietata, ho dovuto comprarla in Francia, ma volevo qualcosa di davvero soffice e morbido. È stato molto divertente lavorare ai vestiti della Umbridge, è un lavoro che ho davvero amato.

Come è stato lavorare con gli stessi attori durante l’arco di tutti i film?

I ragazzi, crescendo, sono cambiati. Mi ricordo che le prime volte che venivano a provare i costumi parlavano di musica, poi la volta dopo di ragazze e la volta dopo ancora parlavano delle loro carriere, sono cambiati davvero tanto negli anni. Per me, ancora oggi, rimangono “i miei ragazzi”.

I registi sono cambiati durante i film. Come è stato il suo rapporto con loro, hanno cambiato qualcosa o hanno richiesto qualcosa in particolare?

Alfonso Cuarón (che ha lavorato al terzo film) è un regista molto deciso, sapeva cosa voleva. Poi dopo di lui è arrivato un regista veramente inglese, che era perfetto per il quarto film, perché capiva perfettamente le dinamiche tipiche del ballo e della festa della scuola.

Successivamente arrivò Yates, che fu la fine di questi continui cambi di regia, perché restò per tutti gli altri film. All’inizio si dovette adattare un po’ a noi [lo dice ridendo]. No, no, comunque cambiare regista ogni anno era sempre una ventata di freschezza e novità.

Lei è arrivata nel terzo film, dopo la morte di Richard Harris. Si è per caso ispirata ai precedenti costumi, per mantenere una linearità del personaggio di Silente anche se con un attore diverso?

No, ho cambiato completamente i costumi. Il modo in cui Richard Harris ha interpretato Silente resta unico, ma il nuovo Silente era diverso, aveva una nuova personalità, era divertente, un uomo che aveva avuto una carriera nel mondo magico prima di arrivare a Hogwarts.

Non volevo renderlo un vecchio antenato, ma farlo vedere come un mago potente. E in più è sempre descritto come un vecchio molto trasandato e volevo che risultasse tale. Ma per fare questo non ho mai dovuto logorare i costumi di scena, bastava mandare Michael Gambon a fare colazione e quando tornava era pronto!

È davvero un grande attore, e quando ti ritrovi a lavorare con i migliori attori del mondo, e nel cast di Harry Potter ce n’erano molti, non ti resta che seguirli, perché apportano sempre qualcosa di importante al personaggio che interpretano.

Ci può parlare del processo per rovinare appositamente i vestiti per farli sembrare più vecchi?

Oh sì certo. Avevamo diverse persone che lavoravano a questo processo. Da abiti normali, per farli sembrare più vecchi, li abbiamo tinti, abbiamo aggiunto delle ombreggiature.

Poi, mentre si gira, quello che aiuta a farli sembrare ancora più vecchi è un sofisticato sistema di luci e ombre, che è davvero fantastico, ma che non c’è quando si vedono i costumi esposti a delle luci normali, e perdono quel dinamismo che hanno sulla pellicola. Mi piace molto logorare apposta i vestiti, lo faccio anche con i vestiti nuovi che compro.

Ogni film aveva un suo tema, una sua atmosfera. Come è riuscita a catturare lo spirito di ogni film?

Ci lavoravamo molto, spendevamo 12 ore al giorno al lavoro in uno studio. Alla fine era più difficile uscirne che entrarci, perché ti ritrovi a vivere e respirare l’atmosfera di Harry Potter continuamente. Per questo cercavo sempre di lavorare ad altro tra un film della saga e quello successivo.

Durante i film ci sono state alcune scene che poi sono state tagliate. C’è un costume che avrebbe voluto vedere sullo schermo o uno a cui avrebbe voluto che dedicassero più spazio?

Bene o male tutti i miei costumi si sono visti. Forse solo uno. Ho fatto il costume per la Dama Grigia, quando nell’ultimo film aiuta Harry, e speravo che avesse una scena più grande. Avevamo realizzato questo fantastico abito rosso e si vede poco in scena, e in più era grigio perché lei è un fantasma. Mi ricordo ancora che le scene vennero girate a New York e io facevo molti viaggi avanti e indietro per far provare il costume all’attrice.

Questa è l’unica cosa. Poi c’è sempre comunque un po’ di frustrazione, perché crei circa 630 costumi per i Mangiamorte e poi fanno le riprese dall’alto! Di solito ci sono queste genere di cose in ogni film, ma in Harry Potter questo aspetto è stato comunque ben organizzato.

Quali consigli vorrebbe dare a un ragazzo o a una ragazza che vorrebbero fare il suo stesso lavoro?

Se si vuole diventare stilista nel cinema, nel teatro o nella moda ci sono diversi aspetti di cui tenere conto. Fare il costumista dei film non è come farlo per il teatro, perché bisogna conoscere bene i film in generale, sapere come funzionano le luci, la regia, e tutto il resto.

Se poi si vuole lavorare per i film bisogna anche considerare il tempo speso per questo lavoro, le ore passate lontane da casa o quelle da impiegare ogni giorno. Molti ragazzi alle prime armi pensano di dover fare un lavoro d’ufficio, dalle 9 alle 17, e io penso: “No no, dovrai passare anni lontano da casa tua, dalla tua famiglia e dagli amici, devi essere in grado di dare tutto te stesso a questo lavoro”, e credo che molti si dimentichino di questo aspetto.

E ovviamente devi avere talento e devi saper raccontare una storia attraverso quello che crei.
Non sto parlando delle cose che si imparano a scuola o quelle che ti dicono di fare, sono le cose che impari dopo che saranno le più importanti.

Devi sapere come fare un costume, perché fa una grande differenza, poi c’è la tecnica di realizzazione, come deve vestire, quanti metri di materiale ti servono, come puoi renderlo meno costoso. E inoltre devi essere preparato a spendere molte ore da dedicare a questo e, a meno che tu non ami fare ciò più di qualunque altra cosa, scegli altro, perché è un lavoro che ti richiede un sacco di tempo.

È più importante il talento o la fantasia e la creatività?

Sai è molto buffo quello che mi hai appena chiesto. Se dovessi scegliere tra due apprendisti uno con talento e uno che è molto dedito al lavoro quasi da esserne ossessionato, sceglierei sicuramente il secondo. Perché di sicuro serve una base di talento per fare questo lavoro, se non sai distinguere un blu da un rosso, fai altro.

Ma se uno ha le basi e ha una forte dedizione lo sceglierei perché so che lui o lei farebbe tutto il necessario per finire un lavoro. Il talento è così facilmente accettato che poi la gente finisce per rilassarsi. Io imparo ancora, ogni giorno, anche dopo 15 anni che faccio questo lavoro. È un evolversi continuo, ogni cosa artistica che tu produci è un’evoluzione.

C’è stato un qualche incidente buffo con i costumi durante i film, qualcosa di cui si ricorda in particolare?

Beh, guarda, qualunque cosa tu abbia trovato buffo, lì sul momento io l’avrei trovata tragica. Ma c’è una cosa che mi piace sempre raccontare. Riguarda Voldemort e le sue maniche.

A lui piaceva sempre fare così [mentre lo dice imita Ralph Fiennes che alza in alto un braccio] e ogni volta che lo faceva la manica del vestito gli scendeva giù fino al gomito e questa cosa è diventata un incubo. All’inizio gliele avevamo attaccate al polso, poi attorno al pollice, ma poi lui diceva che si sentiva costretto nei movimenti.

Ci abbiamo impiegato davvero tanto tempo per capire come risolvere questo problema. Alla fine, ripensandoci, è stato divertente, ma solo alla fine.


La conclusione

Dopo quest’ultima domanda ci siamo salutati. Avevamo sforato il tempo concessoci, ma saremmo andati avanti a chiacchierare con lei chissà quanto ancora.

L’abbiamo poi incontrata di nuovo durante la gara per il miglior cosplayer citata all’inizio. Qui sotto potete vedere una foto di Jany Temime con tutti i partecipanti. Mentre qui potete vedere altre foto del concorso.


Jany Temime è una persona davvero affascinante e molto gentile e disponibile. E infine, piccola nota di merito: durante l’intervista, ha riconosciuto che le persone sedute al tavolo con lei erano davvero dei grandi fan della saga, e non solo persone mandate lì per farle le solite domande sentite mille volte.

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